Lezione del 9 maggio 2012
(pubblicato su "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 28 aprile 2012)
Pensavamo già che Karl Lagerfeld fosse uno stilista un po’
eccentrico, designer fastoso per case di moda prestigiose come Chanel,
fotografo inventivo e personaggio misogino al punto giusto, per lo meno nel suo
contesto. Questa è però solo una parte della sua poliedrica esistenza, perché
Lagerfeld è celebre anche per disegnare bottiglie per profumi fantasiosi,
l’ultimo tra i quali, Paper Passion, presentato alla recente Fiera del mobile
di Milano, sembra davvero strabiliante. “Passione di carta” o “passione per la
carta”, come si potrebbe definire in italiano, dichiara infatti sin nel suo
nome di essere un’essenza ispirata all’odore dei libri. L’ha inventata un
creatore di profumi berlinese che si chiama Geza Schön, un “naso, come si suol dire, che ha lavorato all’idea
commissionatagli dall’editore tedesco Gerhard Steidel. Il contenitore della
boccetta si presenta così proprio come un libro dalla copertina in lino bianco,
composto di 32 pagine stampate, all’interno del quale, in una cavità rossa, è
contenuto il “profumo della carta”. Come sigillo della confezione vi è una
poesia di Günther Grass. Il
“naso” è riuscito a realizzare questo prodotto dopo parecchi tentativi , ma
sembra soddisfatto del risultato che riproduce l’odore fresco della carta, non
quello delle vecchie biblioteche, bensì quello di librerie moderne e vitali.
Proprio qui, nelle librerie, oltre che in concept store e in speciali
profumerie, Paper Passion verrà venduto a partire dal prossimo agosto.
Il profumo della carta potrà probabilmente corrispondere
alle esigenze di quei nuovi-vecchi lettori di eBook che oggi non si
accontentano più solo dello schermo a “inchiostro elettronico” privo di
retroilluminazione e di reader che simulano anche nelle
dimensioni la pagina di un libro cartaceo in formato tascabile, ma pensano con
nostalgia che sarebbe bello avere anche a portata di naso l’odore delle pagine
fresche di stampa. Oppure potrà diffondersi sulla nuca e sui polsi di qualche bibliotecaria
o libraia che s’ispira alla Audrey Hepburn di Cenerentola a Parigi, il film in cui l’attrice interpreta proprio
il ruolo di una timida libraia filosofa del Greenwich Village di New York, che
diviene una modella di alta moda nella capitale francese grazie a un fotografo interpretato
da Fred Astaire e ispirato al celebre Richard Avedon. Dagli scaffali alla
passerella, potrebbe essere il motto di costoro, ma sempre con l’odore della
carta addosso quale metafora di una dimensione intellettuale anche della moda e
della bellezza.
Quanto ha da dirci questa metafora nel mondo di oggi, in cui
i lettori diminuiscono e torna a diffondersi un analfabetismo pericolosissimo,
in virtù del quale siamo sempre meno capaci di leggere e sempre più sommersi da
immagini seducenti che ci blandiscono, proprio come immagini di moda accattivanti.
E qui si intende per “lettura” non tanto la capacità di decifrare delle lettere
e delle parole su una pagina o su un monitor, ma quella di comprendere un testo
di media lunghezza, di sapersi soffermare sulle parole nella loro
consequenzialità, nelle loro connessioni, nelle immagini, nei significati e nei
sottintesi che le parole scritte nei libri contengono. Abbiamo perso questa
capacità: siamo sempre meno lettori e sempre più “leggenti”, cioè decifratori
labili di testi brevi, che fluiscono su video domestici o pubblici, sugli
autobus, nelle stazioni, nei bar e negli aeroporti, e cinguettano sui display
di oggetti digitali portatili perennemente connessi.
Il profumo mette spesso in gioco la memoria, a volte anche
per caso, quando una scia di aromi ci avvolge e ci fa involontariamente
riandare a un momento passato o a una persona che non c’è più. E mette in gioco
la vista, senso dell’estetico per eccellenza, a cui è consegnata la possibilità
di farci “gustare” un profumo a partire dal suo contenitore, la “boccetta”, che
ci permette di percepirlo ancora prima di averlo sentito col naso, di valutarne
la preziosità o la rarità, l’estrosità o la raffinatezza, la natura floreale o
fruttata, solare o lunare, marina o terrestre. In questo caso, un libro come
contenitore, e una poesia come sigillo, sembrano un monito più che un packaging: “sentimi con tutti i sensi”,
sembrano dirci, anche con quello che meno appare coinvolto nella lettura e che
invece ci accompagna sin da quando la apprendiamo a scuola. Lì l’odore della
carta si mescola a quello di gomme da masticare, di merendine, di gesso, di scarpe
da ginnastica e oggi di LIM – anche le lavagne elettroniche hanno un odore!
Impariamo a leggere con la vista, con l’udito, con l’odorato, con il gusto e
con il tatto: tutti i sensi in connessione tra loro ci permettono di accedere
al linguaggio, come in forma speciale ci dimostra la lettura dei ciechi e dei
sordi.
L’odore della carta in boccetta e costoso, come solo un
profumo di lusso può essere, non potrà certo risollevare lo stato della
lettura, ma forse, dato che l’idea è di un editore, potrebbe suggerire qualche
ripensamento ai “leggenti” di oggi, persi tra tweet e sms, di tornare a
prendere tra le mani un libro. Sin dall’antichità il profumo è stato indissolubilmente
legato al suo contenitore, anzi, non sarebbe lo stesso se non fosse ospitato
proprio entro quel flacone: gli Egiziani riponevano oli aromatici ed unguenti
odorosi entro recipienti di alabastro, materiale pregiato che ne permetteva la
lunga conservazione. Presso i Greci erano usati, sin dall’epoca arcaica, gli
ariballi, piccoli vasi a base rotonda e collo stretto per meglio centellinare
le gocce. Recipienti in vetro entrarono in uso a Roma dal I secolo a.C. Con la
produzione industriale del profumo, che nasce a fine Ottocento con François
Coty, esso assume anche un nome proprio, che si aggiunge al nome di marca, e
identifica l’essenza nel tempo. Classici come la Violetta di Parma, nata nel
1870 sulla base di una ricetta segreta dei frati del Convento dell’Annunziata
della città emiliana, o Chanel n. 5, creato nel 1921, o Shalimar, nato nel
1925, hanno mantenuto inalterato fino a oggi il nome e il packaging.
Un profumo-libro non sarà probabilmente destinato a lunga
vita, ma il libro di cui esso è segno sì, e sopravvive a prescindere dalle
trasformazioni che ha subito o potrà subire il suo supporto. A quello della
carta potranno aggiungersi altri odori, e noi amiamo certo il segno, ma ancor
più amiamo il libro, immortale istituzione di lettura.