di Patrizia Calefato
(La Gazzetta del Mezzogiorno del 20/7/2014)
Spogliarsi dei colli, delle sciarpe, dei colletti e dei foulard
dell’inverno, dare alla pelle tra il mento e il torace la possibilità di
respirare libera e di farsi attraversare dai raggi del sole anche quando si
cammina per strada di giorno. La sera, invece, farle assaporare la brezza, e
insieme dare al proprio stile un tocco di eleganza. Parliamo di scolli, ovvero
dei vari modi in cui le donne hanno usato e usano liberarsi dei vincoli di
stoffa, merletto, pelle o lana che sia, che occultano il collo, liberando
invece, complice la moda, la parte che sta esattamente tra il collo e il seno,
detta in francese non tradotto décolleté.
Se il décolleté
sia la parte del corpo o il modo in cui essa viene “incorniciata” dalla
scollatura, è questione ambigua. Nell’uso comune della lingua, décolleté vuol dire infatti entrambe le
cose: cioè sia, letteralmente, la scollatura dell’abito, sia la parte alta del
petto. Detta così, quest’ultima sembra un po’ un’espressione da usare più dal
pollivendolo che in boutique, ma al complimento “Che bel décolleté!”
difficilmente si resta indifferenti. Potremmo definirla una zona di confine tra
i segni del volto, votati a significare la riconoscibilità e l’espressività
della persona, e il seno, parte direttamente legata alla dimensione erotica e
carnale della corporeità femminile. C’è poi anche un uso esteso della parola décolleté, che scivola dal petto ai
piedi per indicare quel genere di scarpe che scoprono il collo, appunto, del
piede. Ma restiamo qui a parlare di petti e colli propriamente detti.
L’estate e la moda sono artefici dei passaggi anche
repentini dalle accollate costrizioni di colli dolcevita e lupetti alle
aperture più fantasiose del décolleté, una zona del corpo che le donne, in
varie culture ed epoche, hanno avuto la possibilità di scoprire e decorare con
molta maggiore libertà e fantasia degli uomini, fortunate almeno in questo. Non
analoga sorte è toccata al décolleté maschile, dotato di una poetica del
rivestimento e dell’ornamento forse meno culturalmente celebrata di quella
femminile, ma sicuramente altrettanto interessante nell’immaginario sociale. Ma
andiamo con ordine.
E partiamo dalle tre “ultime trovate” che l’estate in corso
dedica agli scolli femminili, ultime trovate per modo di dire, in quanto si
tratta di quei ricorsi storici frequenti nella moda, quel sistema sociale che
si caratterizza proprio per i “balzi di tigre” che compie all’indietro nel
tempo per poter vivere nel presente, come diceva il filosofo Walter Benjamin.
Spesso le parole della moda utilizzano metafore come nei tre casi che
rappresentano le tre “trovate” in questione dell’estate 2014: lo scollo a barca,
quello all’americana e quello a V. La sagoma arrotondata e insieme affusolata
di un natante è quella evocata dalle scollature definite appunto “a barca” che
incorniciano la base del collo, non lasciando molto di scoperto, se non i due
pezzi di pelle che vanno verso le spalle. Il collo a barca fa molto brava
ragazza e si accorda in modo perfetto con il revival del new look – corpetti striminziti e gonne ampie al ginocchio – che
Christian Dior inventò sul finire degli anni ’50, e che torna ancora e ancora
fino ai nostri giorni. Nel cinema classico, lo porta nel film Arianna (1957) Audrey Hepburn, quando va al Ritz, il celebre hotel di Place Vendôme a
Parigi, a trovare il maturo donnaiolo Gary Cooper che crolla però come un
innamorato imberbe e per sempre fedele di fronte alla giovane Arianna col suo
vestitino fantasia e il suo lungo collo incorniciato da una immaginaria
barchetta.
Lo scollo all’americana
– che viene abbottonato dietro la nuca e lascia libere le scapole - è stato
invece riesumato di recente forse ispirandosi alla accurata ricostruzione del
guardaroba di Grace Kelly fatta nel recente film Grace of Monaco (2014) a lei dedicato interpretato da Nicole
Kidman. Questo genere di scollatura non appartiene però al periodo in cui Kelly
fu principessa di Monaco. L’ispirazione è presa invece dalla scena di un altro film,
Caccia al ladro (1955) di Alfred
Hitchcock, in cui lei lo indossa a suggello sensualissimo di un eccentrico
completo da mare bianco e nero con tanto di cappello a falde larghe, che fa
sobbalzare per la sua estrosità perfino il compunto Cary Grant. Che lo scollo si
chiami “all’americana" nel lessico italiano della moda si deve
probabilmente al fatto che esso ebbe molta popolarità in USA sin dagli anni ’40
del Novecento: non a caso il personaggio interpretato da Grace Kelly nel film
ambientato in Costa Azzurra è proprio quello di un’americana in vacanza. Oggi
lo scollo all’americana impreziosisce soprattutto casacche squadrate su
pantaloni larghi e morbidi, un insieme che cita esplicitamente quell’abito
cinematografico dovuto all’opera della grande costumista di Hollywood Edith
Head.
Il terzo scollo della nostra estate 2014 è quello detto a V,
vertiginoso come quelli dei vestiti che indossa l’attrice Amy Adams nel film
dell’ultima stagione American Hustle
(2013). Citazione esplicita direttamente presa dagli anni ’70 nel film, lo
scollo a V richiede seni piccoli perché vi si insinua profondamente in mezzo
rifiutando l’ostacolo del reggiseno ed evocando i tempi in cui se ne faceva
tranquillamente a meno senza ossessioni di chirurgia estetica e obblighi di
quarte misure. La V del nome ci ricorda, come diceva Roland Barthes, che la
moda inscrive il corpo in “uno spazio sistematico di segni”, dove anche la
lettera dell’alfabeto può diventare principio di metafora e di racconto.
Per continuare con le scollature a ispirazione
cinematografica, e andando verso le immagini intramontabili di questo scenario
tra moda e cultura visuale, non si può non ricordare quella, strepitosa, a
balconcino di Sophia Loren che fa lo striptease in camera da letto per Marcello
Mastroianni in Ieri, oggi, domani
(1963). In questo caso, la metafora del “balconcino” richiama sia il seno che
si appoggia sullo scollo, come se stesse al balcone, sia l’immaginario del
balcone come luogo da cui si guarda una scena, chiamando così in causa
l’aspetto visivo, finanche voyeuristico, che la moda come forma di
comunicazione implica. In questa stessa logica si pone la scollatura fasciata
di Marilyn Monroe che, in Gli uomini
preferiscono le bionde (1953), balla e danza inneggiando ai diamanti
preferiti dalle ragazze. In un’ottica di décolleté romantico vive nel nostro
immaginario lo scollo a cuore sul vestito scarlatto che Julia Roberts indossa
una sera a teatro con Richard Gere nel film Pretty
Woman (1990).
Come in ogni segno che si rispetti, il décolleté conosce
anche il suo opposto, quello in cui è la schiena, e non il petto, ad essere
scoperta, come accade a Kim Novak, nella scena del ristorante nel film La donna che visse due volte (1958).
Scollo posteriore anche per Faye Dunaway nel film Il caso Thomas Crown (1968), nella scena carica di erotismo in cui gioca
a scacchi con Steve McQueen. In questo caso, l’abito morbido di Dunaway è
chiuso all’americana sul davanti lasciando completamente scoperta la schiena
fino alla vita sul didietro.
Basta lo scollo
dell’abito a fare un décolleté? A volte sì, a volte occorre insistere con i
segni, impreziosendo con una collana la zona nuda. Tra gioielli e bijou la
scelta è aperta.
(continua, nel prossimo articolo décolleté uomini)