La notizia potrebbe ulteriormente accalorare i lettori, in una stagione estiva già di per sé infuocata come quella che stiamo vivendo, ma vale la pena di rifletterci sotto vari aspetti: la Moessmer , storica azienda di loden di Brunico, ha brevettato di recente un nuovo tessuto completamente ignifugo. Principale utilizzo di questa stoffa sarà ovviamente la tappezzeria, dai tendaggi ai rivestimenti di poltrone e divani, ma immaginiamo anche che non sarà escluso dal novero degli oggetti così fabbricati l'abbigliamento, visto che di tessuto loden pur sempre si tratta e che l'idea di un indumento protettivo in ogni senso è radicata nel costume umano sin da quando uomini e donne hanno cominciato a rivestire i loro corpi. Possiamo dunque ipotizzare che prenderanno presto forma cappotti, giacche, completi maschili e femminili, che alla tradizionale consistenza culturale del loden sud-tirolese uniranno la pregiatezza di una protezione tutta naturale. E in questo come in altri casi, la “naturalità” è un valore aggiunto di eccezione, che accompagna il faticoso processo che la moda sta attraversando in alcuni suoi ambiti, nei quali l'indumento tenta di comunicare una consapevolezza e un senso etico riguardo alla sostenibilità dei suoi processi di produzione e circolazione.
Proteggere e attrarre sono due ragioni fondamentali del senso che attribuiamo – in quanto esseri umani – al fatto stesso di vestirci in fogge diverse, di seguire la moda, di scegliere certi indumenti, certi colori, certi stili che regolano e scandiscono il nostro apparire nel mondo. La moda ha una natura duplice: da un lato marca le zone di contatto tra gli indumenti e il corpo mettendo in azione i sensi; dall’altro colloca il corpo individuale entro quello sociale, istituzionalizza sensi e pulsioni in una “media” sancita dal gusto come senso comune. Questo senso comune è oggi prevalentemente il “mordi e fuggi”: la ridotta disponibilità di denaro da consumare in vestiti e accessori ci ha fatto abituare all'idea low cost anche dell'abito, come del viaggio o dell'arredamento.
Parallelamente a questa idea cresce però nel sentire comune anche un desiderio di maggiore sicurezza e durata legato finanche a forme di consumo “frivolo” come un vestito o un paio di scarpe. Matura l'idea di un “lusso” accessibile e non effimero fondato proprio sulla qualità ed “eternità”, per così dire, di quanto indossiamo. Movimento contrario, ma complementare, rispetto al “pronto moda”, a quanto potremmo definire “accaemmizzazione” o “ikeizzazione” dei consumi quotidiani, fondati certamente su un concetto democratico di stilismo e design per tutti, ma anche su una organizzazione globalizzata del lavoro che punta a produrre oggetti, beni o servizi, quando c'è domanda, spesso però senza badare al come, al dove, a quali condizioni si produca e che cosa si produca. Ecco allora che brevetti come quello dell'azienda altoatesina divengono preziosi, a condizione che possano essere di sprone per la qualità, l'innovazione e la ricerca in un ambito tanto devastato come il Made in Italy nel settore del tessile e abbigliamento.
Se da un lato l'idea di tessuto naturale è preziosa, soprattutto per la cultura manifatturiera italiana, dall'altro, però, la tecnologia continua ad essere un elemento importante nell'ambito delle innovazioni possibili anche nella moda. Spiccano, nel novero delle tecnologie naturali, semplicissime e comodissime idee come per esempio quella della borsetta dotata di cellula fotovoltaica che permette di ricaricare il cellulare o il lettore mp3 mentre vi viene custodito dentro, o quello del contenitore per il notebook in grado di alimentarlo direttamente con l'energia solare. Più sofisticate le nanotecnologie applicate ai tessuti, ormai sperimentate nella produzione di indumenti tecnici sportivi e da lavoro che mantengono e producono calore o che proteggono dalle radiazioni elettromagnetiche. Anche la geolocalizzazione viene “incorporata” nel tessuto così che, per esempio, una uniforme militare così confezionata può fungere da “antenna” per conoscere dove si trovi ciascun soldato in un campo di battaglia. L'abbigliamento sportivo può assumere invece il compito di monitorare direttamente a contatto con il corpo i battiti cardiaci o la pressione sanguigna di un atleta. E poiché nella storia della moda, le uniformi degli eserciti e quelle sportive hanno spesso fornito ispirazioni celebri, come il bomber, il cardigan e lo stile casual, immaginiamo che anche da tali applicazioni che coniugano abito e tecnologia qualcuno possa prendere spunti interessanti.
L'ultima idea è stata lanciata, in collaborazione con una multinazionale della comunicazione, da Guru, l'azienda che una decina di anni fa lanciò le celeberrime magliette con la margherita, ma che dopo pochi anni andò in bancarotta per gli eccessi sconsiderati del suo proprietario. Questa azienda è stata di recente acquistata da un brand indiano è metterà alla prova delle vendite durante questa estate la “social T-shirt”. Si tratta di una maglietta che riporta impressa sul petto, al posto delle canoniche scritte, il codice QR, quello che compare ormai su molti giornali e che – inquadrato dal telefono cellulare dotato di un software apposito – permette di risalire a informazioni sempre aggiornate. Chi indossa questa maglietta potrà aggiornare il proprio status proprio come si fa su Facebook, grazie a un’apposita applicazione; sempre grazie al medesimo software, il messaggio verrà decodificato per tutti “gli amici” del gruppo che potranno anche essere geolocalizzati ovunque si trovino, magari anche tra le amene montagne intorno a Brunico dove ha sede l'azienda di loden citata all'inizio.
Tra natura e tecnologia, le strade che si aprono al settore moda sono tante, ma saranno in grado le politiche al tempo della crisi di promuovere le innovazioni migliori e soprattutto di attrarre la ricerca, soprattutto quella che coniuga sostenibilità, praticità ed esteticità? Creerà futuro quel modello che risponderà sì a questa domanda.