lunedì 13 ottobre 2008

50 anni di collant (ma anche qualche secolo in più)







Articolo pubblicato su "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 12/10/2008

Stiamo per celebrare nel 2009 i 50 anni dall’invenzione dei collant: al compleanno di uno degli oggetti più controversi della storia della moda verranno presto dedicate mostre storiche, posti d’onore nelle boutique specializzate, servizi fotografici nelle riviste, vetrine reali e virtuali con variazioni sul tema. Fu nel 1959 che Allen Gant Sr. della Glen Raven Mills, una fabbrica di tessuti della North Carolina, ideò questo tipo di indumento. I collant conobbero poi il loro exploit all’inizio degli anni ’60 in concomitanza con il “ruggire” delle mode esplose a partire dalla Swinging London. La loro ideale e immediata collocazione furono le gambe delle prime temerarie che indossarono le minigonne proprio a Londra, la città che lanciava allora le mode di strada più ardite. Pronte a passare dalle strade alle passerelle, e da Londra al globo intero, le minigonne avrebbero però lasciato scoperte alle brume uggiose degli inverni le intraprendenti gambe delle neofite di questo oggetto del desiderio, se non ci fossero stati i collant a ricoprirle. Era peraltro impensabile indossare sotto la minigonna le pur sensuali ma obsolete calze tradizionali, rette da guepière o reggicalze poco in sintonia con la libertà che le gambe delle donne avevano tutta l’intenzione di conquistarsi per le strade del mondo.

Fin qui il racconto della nascita di quelle che sono oggi tra i più diffusi tipi di calze femminili. C’è però un’altra storia da raccontare, ed è quella di un indumento parente prossimo dei collant, noto però più prosaicamente come “calzamaglia”. Conosciamo con questo nome un oggetto la cui funzione è soprattutto quella di coprire le gambe dal freddo e le cui origini vanno ben al di là dell’invenzione di Allen Gant e dalla moda esclusivamente femminile. Molto simili a una calzamaglia erano ad esempio le braghe, un tipo di calzoni aderenti usati dagli uomini nel Quattrocento e nel Cinquecento. Il celebre ritratto di Enrico VIII (1491-1547) dipinto da Hans Holbein il giovane ci mostra il pluriconiugato sovrano d’Inghilterra con i muscoli torniti delle gambe fasciati sotto una calzamaglia bianca. E nel Rinascimento italiano gli uomini indossavano i cosciali, una specie di pantaloni aderenti che ricoprivano la parte alta delle gambe (da cui il loro nome), e che in una certa fase divennero talmente attillati – proprio come i moderni collant femminili - da venire vietati con leggi apposite. Fu forse anche in seguito a queste leggi che i cosciali si allargarono al punto da divenire braghesse, antesignani dei pantaloni.  

La storia del costume e della moda è una storia complessa dove quelli che oggi consideriamo segni tipici e caratterizzanti separatamente l’abito maschile o quello femminile hanno in realtà origini e motivi comuni intrecciati tra loro. Sarà forse anche per questo che esiste nel nostro tempo una nicchia maschile che usa i collant per ragioni sanitarie, sportive o per comodità, oltre che per la voglia che alcuni uomini hanno di travestirsi da donna. Il termine francese collants, per la verità, indica i pantaloni maschili lunghi e stretti dotati un sottopiede per tenerli tesi, che si usarono nei primi decenni dell’Ottocento. Un’eredità moderna di questo capo furono i pantaloni da sci, sia da uomo che da donna, in uso sulle piste innevate di Cortina e Sankt Moritz negli anni ’60 del Novecento, che vennero variamente interpretati nell’alta moda del tempo da Emilio Pucci.

Insomma, una parola ne apre tante altre, in un incastro di scatole cinesi tanto variegato quanti sono i sensi della moda e quanti sono i termini per indicare lo stesso indumento o alcuni capi apparentati tra loro. In inglese, per esempio, esistono due termini per indicare i nostri collant: pantyhose e tights, il primo termine in uso negli Stati Uniti; il secondo diffuso nel Regno Unito. A voler essere filologicamente corretti, le pantyhose sono le calze più leggere e trasparenti, mentre le tights sono quelle più doppie e coprenti. Ma nella lingua franca della moda si annoverano infinità di oggetti che avvolgono le gambe femminili:  dalle knee highs, le “parigine” lunghe poco sopra il ginocchio; alle tabi socks, le antichissime calze giapponesi con l’alluce separato; fino alle conturbanti thigh highs, che in italiano chiamiamo “autoreggenti”.

A proposito di queste ultime, molti uomini non si stancheranno mai di ricordare alle donne quanto esse siano infinitamente più erotiche e finanche più eleganti dei “goffi” collant. Eppure, si potrebbe ricordare a costoro che furono proprio dei collant ante litteram a coprire con probi sforzi censori le gambe delle gemelle Kessler e delle ballerine castigatissime dei primi anni della TV italiana. Ma con quanta maggior pudicizia queste gambe venivano allora adombrate, con tanta maggiore irruenza si scatenavano passioni e pulsioni nel prototelespettatore maschio italico. Ciò che si copre con un pezzo di stoffa può dunque spesso scoprirsi negli occhi dell’immaginazione. Lo dimostra in modo speciale una campagna pubblicitaria che un decennio fa circa una nota azienda austriaca di calze e underwear affidò all’arte fotografica di Helmut Newton. Nell’obiettivo del celebre maestro, perfino dei collant riuscirono a esprimere un raffinato gioco visivo erotico e feticistico.

In questi decenni si sono moltiplicate le formule in cui case di moda specializzate e stilisti glamour hanno reinventato i collant: alle tradizionali trasparenze si sono così aggiunti i più vari motivi come fantasie leopardate, decorazioni brillanti, ricami, pizzi preziosi. Al pari che in altri ambiti del vestire, anche nel settore delle calze la moda ama utilizzare meccanismi di composizione e scomposizione dei suoi oggetti: un modello di collant di questa stagione, ad esempio, si divide in due parti, una che arriva fin sotto il ginocchio e l’altra costituita da un “calzettone” senza piede, collegate tra loro da un laccetto annodato. O, ancora, vengono trasposte da altri ambiti della sartoria tecniche compositive insolite, come il drappeggio nel caso di un paio di collant che terminano alla caviglia con morbide pieghe.

Prevalente resta infine sempre la tecnica della citazione, come in alcune versioni di collant che oggi replicano i fuseaux anni ’80 con la staffa sotto il piede, ma che utilizzano tessuti più morbidi che all’epoca. O come nel caso di un genere al momento molto di moda: i leggings, i collant privi del piede, da indossare in combinazioni diverse che fanno subito stile. Sopra un paio di ballerine si potrà così citare il personaggio interpretato da Audrey Hepburn in Funny Face; con dei sandali a stiletto e unghie laccatissime l’effetto sarà feticistico; sotto una gonna drappeggiata in vita, l’insieme trarrà ispirazione da un costume da odalisca.


 

 

 

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